Appassionato
di scrittura, quale sento di essere, decisi tempo addietro di
abbonarmi a un corso di scrittura creativa. Mentre leggevo uno dei
fascicoli, mi sono imbattuto in un concetto molto importante:
l'allegoria. L'autore che cura il corso sembra quasi esaltare la
potenza di questa figura retorica di pensiero. Da un punto di vista,
non posso che essere d'accordo. Ecco un'analisi pratica.
Dino Buzzati
Nei
suoi Centottanta racconti, uno di questi è
caratterizzato in particolar modo dall'allegoria. I giorni
perduti – tra l'altro di breve lunghezza – parla di un
uomo, Ernst Kazirra, che insegue uno pseudo-ladro di casse. Cosa
c'era dentro tutte quelle casse? I giorni perduti da Kazirra. E lo
pseudo-ladro (il motivo per cui lo chiamo così verrà spiegato a
breve) non gli restituisce nessuna cassa. Anzi, svanisce assieme a
esse.
Giacomo Leopardi
Nell'operetta
morale Dialogo della Natura e di un Islandese,
Leopardi parla di un confronto tra un Islandese e la Natura.
Quest'ultima è insensibile nei confronti dell'uomo, ponendo una
domanda che sicuramente fa riflettere ognuno di noi.
Il
Dialogo finisce con la
morte dell'individuo sotto la base di due teorie: la prima,
dall'assalto
di due leoni, che lo
sbranarono; la seconda, dall'arrivo di un vento di sabbia, che lo
rese una mummia.
Dante
La
sua Commedia è la base della
letteratura italiana. L'intero poema, a partire dal primo verso
dell'Inferno a
concludere con l'ultimo del Paradiso,
è intriso di regole grammaticali, figure retoriche, lemmi, concetti
che ancora oggi utilizziamo. Proprio nel primo canto dell'Inferno
il poeta incontra ben tre ostacoli: la Lonza, il Leone e la Lupa.
Quando giunge Virgilio, si parla anche di un Veltro che sconfiggerà
le tre fiere.
Cosa possiamo intuire?
I
tre autori che ho citato sono accomunati dall'utilizzo dell'allegoria
negli scritti che ho citato. C'è un motivo, però, che mi ha portato
a confrontarli: hanno operato l'allegoria sotto tre gradi diversi.
Vediamo il perché.
Con
Buzzati, l'allegoria si pone alle sue basi, dato che è semplice
associare Kazirra a ognuno di noi e l'uomo al tempo che scorre e che,
indifferente, fa svanire tutto. Dunque, come mai ho definito l'uomo
come uno pseudo-ladro? Perché in fondo, questo è il messaggio che
Buzzati ci vuole inviare, siamo noi gli artefici del nostro destino.
Quindi, è causa nostra se perdiamo dei giorni in effetti importanti
per fare altro.
Leopardi
occupa un grado intermedio nella scala allegorica. Non capiamo
intuitivamente a chi o cosa corrisponda l'Islandese, i due leoni, la
tempesta di sabbia o la Natura stessa. Riflettendoci, questa è una
mia interpretazione, l'Islandese corrisponde a una parte classicista
e umanistica di Leopardi, mentre la Natura la sua parte più
materialista. Proprio la domanda che quest'ultima ha posto
retoricamente introduce al pessimismo cosmico leopardiano.
Se
nominiamo Dante, parliamo subito di Commedia. Essa è
l'Allegoria per antonomasia, a mio dire. Tutto il poema è circondato
da concetti allegorici, che nascondono significati nascosti che vanno
analizzati con molta più attenzione, rispetto ai due casi
precedenti. Talvolta Dante è addirittura incomprensibile o, a detta
degli attuali critici contemporanei, ambiguo. Non si sa bene cosa
voglia dire, se un concetto, se un altro, oppure entrambi. Con
Alighieri raggiungiamo il grado massimo dell'allegoria, che si
presenta in tutte le sue complessità e sfaccettature.
Possiamo
dedurre che ci sono varie sfumature di questa figura retorica. Sta
allo scrittore utilizzare quella più idonea nel testo che deve
comporre. Se vuole comporre qualcosa di profondo e ricco di
significati, può – anzi, per me deve – utilizzare
l'allegoria del secondo o terzo grado. Anche se, e qui sembra quasi
che mi contraddica, ci sono più di tre stadi allegorici. Ho
preferito prendere solo questi tre autori perché li ritengo come gli
esempi più eclatanti per scrivere questo articolo.
I pro
Gli
aspetti positivi dell'allegoria sono molteplici. Grazie a essa, lo
scrittore può:
-arricchire
il messaggio che vuole imprimere nel testo;
-racchiudere
un certo messaggio solo a una cerchia ristretta di lettori;
-operare
nel testo con particolari intrecci grammaticali;
-scrivere
una doppia storia.
Dell'ultimo
punto, pubblicherò la settimana prossima un articolo, allargando il
concetto con vari esempi concreti.
Quanto è potente l'allegoria?
È
potente a seconda dello scrittore. Alcuni la usano e la trovano
utile, altri il contrario. Esiste infine una via di mezzo che
personalmente non sdegno e preferisco, che pone però una domanda
fondamentale: «Dove bisogna usare l'allegoria?». La risposta è:
«Dipende dai casi». Se per alcuni si può creare il legame
Natura-Dio, per altri può rappresentare solo la Natura. È lo
scrittore a capire con l'istinto dove vada inserita.
Qual
è il vostro mentore (o i vostri mentori) riguardo l'allegoria?
Pensate che abbia una sua potenza?
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