sabato 29 novembre 2014

La potenza dell'allegoria


Appassionato di scrittura, quale sento di essere, decisi tempo addietro di abbonarmi a un corso di scrittura creativa. Mentre leggevo uno dei fascicoli, mi sono imbattuto in un concetto molto importante: l'allegoria. L'autore che cura il corso sembra quasi esaltare la potenza di questa figura retorica di pensiero. Da un punto di vista, non posso che essere d'accordo. Ecco un'analisi pratica.

Dino Buzzati

Nei suoi Centottanta racconti, uno di questi è caratterizzato in particolar modo dall'allegoria. I giorni perduti – tra l'altro di breve lunghezza – parla di un uomo, Ernst Kazirra, che insegue uno pseudo-ladro di casse. Cosa c'era dentro tutte quelle casse? I giorni perduti da Kazirra. E lo pseudo-ladro (il motivo per cui lo chiamo così verrà spiegato a breve) non gli restituisce nessuna cassa. Anzi, svanisce assieme a esse.

Giacomo Leopardi

Nell'operetta morale Dialogo della Natura e di un Islandese, Leopardi parla di un confronto tra un Islandese e la Natura. Quest'ultima è insensibile nei confronti dell'uomo, ponendo una domanda che sicuramente fa riflettere ognuno di noi.
Natura: «Immaginavi tu forse che il mondo fosse fatto per causa vostra?»

Il Dialogo finisce con la morte dell'individuo sotto la base di due teorie: la prima, dall'assalto di due leoni, che lo sbranarono; la seconda, dall'arrivo di un vento di sabbia, che lo rese una mummia.

Dante

La sua Commedia è la base della letteratura italiana. L'intero poema, a partire dal primo verso dell'Inferno a concludere con l'ultimo del Paradiso, è intriso di regole grammaticali, figure retoriche, lemmi, concetti che ancora oggi utilizziamo. Proprio nel primo canto dell'Inferno il poeta incontra ben tre ostacoli: la Lonza, il Leone e la Lupa. Quando giunge Virgilio, si parla anche di un Veltro che sconfiggerà le tre fiere.

Cosa possiamo intuire?

I tre autori che ho citato sono accomunati dall'utilizzo dell'allegoria negli scritti che ho citato. C'è un motivo, però, che mi ha portato a confrontarli: hanno operato l'allegoria sotto tre gradi diversi. Vediamo il perché.

Con Buzzati, l'allegoria si pone alle sue basi, dato che è semplice associare Kazirra a ognuno di noi e l'uomo al tempo che scorre e che, indifferente, fa svanire tutto. Dunque, come mai ho definito l'uomo come uno pseudo-ladro? Perché in fondo, questo è il messaggio che Buzzati ci vuole inviare, siamo noi gli artefici del nostro destino. Quindi, è causa nostra se perdiamo dei giorni in effetti importanti per fare altro.

Leopardi occupa un grado intermedio nella scala allegorica. Non capiamo intuitivamente a chi o cosa corrisponda l'Islandese, i due leoni, la tempesta di sabbia o la Natura stessa. Riflettendoci, questa è una mia interpretazione, l'Islandese corrisponde a una parte classicista e umanistica di Leopardi, mentre la Natura la sua parte più materialista. Proprio la domanda che quest'ultima ha posto retoricamente introduce al pessimismo cosmico leopardiano.

Se nominiamo Dante, parliamo subito di Commedia. Essa è l'Allegoria per antonomasia, a mio dire. Tutto il poema è circondato da concetti allegorici, che nascondono significati nascosti che vanno analizzati con molta più attenzione, rispetto ai due casi precedenti. Talvolta Dante è addirittura incomprensibile o, a detta degli attuali critici contemporanei, ambiguo. Non si sa bene cosa voglia dire, se un concetto, se un altro, oppure entrambi. Con Alighieri raggiungiamo il grado massimo dell'allegoria, che si presenta in tutte le sue complessità e sfaccettature.

Possiamo dedurre che ci sono varie sfumature di questa figura retorica. Sta allo scrittore utilizzare quella più idonea nel testo che deve comporre. Se vuole comporre qualcosa di profondo e ricco di significati, può – anzi, per me deve – utilizzare l'allegoria del secondo o terzo grado. Anche se, e qui sembra quasi che mi contraddica, ci sono più di tre stadi allegorici. Ho preferito prendere solo questi tre autori perché li ritengo come gli esempi più eclatanti per scrivere questo articolo.

I pro

Gli aspetti positivi dell'allegoria sono molteplici. Grazie a essa, lo scrittore può:
-arricchire il messaggio che vuole imprimere nel testo;
-racchiudere un certo messaggio solo a una cerchia ristretta di lettori;
-operare nel testo con particolari intrecci grammaticali;
-scrivere una doppia storia.

Dell'ultimo punto, pubblicherò la settimana prossima un articolo, allargando il concetto con vari esempi concreti.

Quanto è potente l'allegoria?

È potente a seconda dello scrittore. Alcuni la usano e la trovano utile, altri il contrario. Esiste infine una via di mezzo che personalmente non sdegno e preferisco, che pone però una domanda fondamentale: «Dove bisogna usare l'allegoria?». La risposta è: «Dipende dai casi». Se per alcuni si può creare il legame Natura-Dio, per altri può rappresentare solo la Natura. È lo scrittore a capire con l'istinto dove vada inserita.

Qual è il vostro mentore (o i vostri mentori) riguardo l'allegoria? Pensate che abbia una sua potenza?

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